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290 | Novelle gaje. |
teresse a quella lotta disuguale tra quattro misere assicelle e un fiume agitato.
Il cielo diventava scuro di momento in momento — pioveva a larghe goccie — un vento freddo increspava le onde e cacciava stormi di uccelli che fuggivano rasentando l'acqua.
La barchetta ballottata in tutti i sensi minacciava capovolgersi ad ogni istante. L’uomo che la guidava faceva forza di braccia con un vigore disperato. In quel mentre una figura rizzandosi nel mezzo del fragile legno si delineò netta e tagliente sull’orizzonte. Patrizio la riconobbe.
— Terra! — gridò Augusto facendo sgocciolare il remo e coricandolo disteso in fondo alla barca. — Si salvi chi può.
Tutti uscirono in fretta, ultimo Patrizio che s’era fatto taciturno e pensieroso.
Augusto legò la barca assicurandola con un triplice nodo.
— Come faremo a ritornare con questo tempo? — domandò una delle ragazze.
Il ritorno è tempo futuro e questo tempo è presente; non confondere le coniugazioni, bella del cuor mio. Avanti ragazzi! Un premio da destinarsi a chi arriva per il primo.
Il temporale era al suo colmo; alcuni alberi, svelti dalla forza dell’uragano, si erano piegati fischiando e giacevano a terra; turbini di sabbia roteavano portati dalle folate impetuose. Sul fiume quasi deserto la misera barchetta esauriva le sue risorse estreme.
Patrizio si chinò sul piuolo che ratteneva la barca d’Augusto e ne sciolse i nodi.