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Patrizio. 281

— e Gildo, sveglio sopra una sedia, lo contemplava, malinconico e pensieroso.

Se Patrizio fosse stato osservatore, avrebbe visto nel contegno del giovinetto qualche cosa di strano; ma non lo era e non vide nulla.

Destandosi la mattina stirò le braccia, fece tre o quattro movimenti per mettere i muscoli in esercizio; gli dolevano un poco le spalle, ma i garetti lo sostenevano abbastanza bene.

Non si profuse, a dir vero, in soverchi ringraziamenti al suo giovane ospite, ma gli strinse vigorosamente la mano e gli disse:

— Amici per la vita. Vuoi?

Il fanciullo evitò lo sguardo scintillante di Patrizio e rispose debolmente alla sua stretta: pure lo accompagnò sul pianerottolo e non si mosse finchè gli stivali di Patrizio schricchiolarono sotto la porta: allora rientrò nella cameretta, aperse la finestra e vide Patrizio che si allontanava franco, spigliato, ricantando con aria baldanzosa:

La coppa di Pippo,
La pippa, la poppa.

Gildo chiuse la finestra e venne a sedersi sul letto appoggiando la testa sul guanciale ancora caldo. Piangeva.

Erano passate due o tre settimane.

Patrizio, nella sala terrena della Croce Bianca, ar-