Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/289


Patrizio. 279

lasciando ricadere lo sportello che si rinchiuse come un trabocchetto.

Patrizio, caduto naturalmente per terra, si rizzò subito brancicando nel buio per orizzontarsi e mettendosi a buon cónto in guardia. Egli aveva appena intravvisto il cosino che gli aveva giuocato quel tiro; non sapeva ancora se si trattasse di un aiuto o di un tranello.

— Chi siete? — domandò a scanso d’equivoci.

Una mano nervosa prendendolo per il braccio lo invitò a seguirla, mentre una voce leggermente alterata ma dolce di timbro, gli rispose:

— Amico.

Patrizio salì una ventina di scalini dietro la sua incognita guida e venne introdotto in una cameretta veramente bella e geniale. Fu acceso un lume e allora Patrizio guardò curiosamente il suo salvatore.

Era giovinetto, quasi un fanciullo, colla fronte nascosta sotto lunghi capelli castagni un po’ ondulati e con due guance pallide pallide, illuminate da occhioni neri grandissimi. Teneva la testa china e appariva molto timido.

— Studente? — disse Patrizio dopo averlo esaminato un istante.

— Sì.

— Matricolino?

— Sì.

— Non ti ho mai veduto. E tu mi conosci?

L’altro esitò; poi rispose:

— Questa sera per la prima volta.

— Grazie, mi hai reso un servigio; tra camerati è