Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/28

18 Novelle gaje.


— Tu sarai umile e mansueto come S. Pietro — interrompeva don Sulpicio.

— S. Pietro, don Sulpicio! S. Pietro! è un modello da proporsi al signorino Gallieri degli Omodei? Un ignobile pescatore, un plebeo!

— Non vorrete già citare la mansuetudine del vescovo d’Ipona!

— No certo. Sant’Agostino aveva idee troppo elevate e mente troppo vasta per discendere a virtù di volgo.

— E sono queste le virtù che vorreste inculcare al signorino Gallieri degli Omodei! — esclamava don Sulpicio trionfante.

— Voi non mi comprendete mai, che Dio vi benedica e v’apra l’intelligenza. Il signorino è ancora giovane e ben gli stanno l’umiltà e la mansuetudine; quando sarà giunto alla forza ed allo splendore del vescovo d’Ipona farà ciò che meglio gli aggradirà. Giova per altro avvezzarlo per tempo a dominare l’orgoglio, funestissima passione, don Sulpicio! Io dirò, per esempio, al mio caro allievo di non imitare il perfido re Roboamo, che appena eletto al trono intimò guerra al suo vicino Geroboamo.

— Sbagliate, don Edoardo. Fu Geroboamo che istigò Roboamo alla guerra.

— Pigliate un granchio, don Sulpicio. Se aveste letto attentamente il capo X delle Cronache, sapreste che Salomone, padre di Roboamo aveva posto enormi pesi sul regno di Geroboamo, e Geroboamo quando seppe della nuova elezione di Roboamo mosse gentilmente a pregarlo di alleggerire il giogo del padre suo.