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Un matrimonio di progetto. 269

Povera mamma! la vita per lei era stata dura e non voleva fosse eguale per la sua Anna.

Anna non si rassegnava, a dir vero, ma la famiglia del giovane aiutò il distacco mandandolo lontano.

Pochi mesi dopo le due donne abbandonarono il Lago Maggiore, e undici anni, intrecciando le loro varie vicende su quell’iddio pastorale, ne avevano spezzati i fili.

Sì, i fili erano spezzati — Anna però amava ancora.

In mezzo al vortice della festa ella aveva cercato un posticino solitario per trovarsi col proprio cuore — con quel cuore fedele che le parlava sempre di lui!

Le note saltellanti di un waltzer, attraversando le sale e i corritoi, giungevano flebili in quel gabinetto dove una pallida lampada illuminava pochi mobili e molti fiori e dove Anna sognava cogli occhi aperti, pieni di lacrime.

Non ignorava i progetti della signora B. e chiedeva tremando a sè stessa se avrebbe avuto ancora la forza di resistere.

Un passo affrettato le annunciò che qualcuno si avanzava. Balzò in piedi e si trovò davanti un uomo di circa trentacinque anni, alto, complesso, con una folta barba castagna che gli ombreggiava il volto bianco, ma più che bianco pallido. Aveva una figura simpatica, modi distinti e severi.

Incontrando Anna si arrestò — la guardò fisso più che la convenienza non permettesse — ma ne’ suoi