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258 Novelle gaje.

Ah! por l’amor de Dios!

Ma il cavaliere giuocò di sproni e il nobile corsiero con le scintille negli occhi galoppava, galoppava.

Dove sarebbero andati a finire?

Doña Sol pensò per davvero che quella era una ben triste avventura. Le venne in mente con una tenerezza insolita il suo palazzo di Madrid, la sua camera e quel colpo discreto di due dita impazienti, seguito da un dolce: è permesso?... — Mille terrori l’assalirono improvvisamente pungenti, incalzanti, orribili tanto che si pose a gridare:

— Don Esteban! Don Esteban! —

Ma il cavallo sembrava una furia e il cavaliere un demonio.

Ah! don Esteban, leale gentiluomo, amante fedele, se tu avessi potuto udire il grido disperato della povera doña Sol!

Bello, gentile, amoroso, caro sopra tutti le apparve in quegli istanti il marchese di Valladolid suo sposo davanti a Dio, suo sposo davanti agli uomini. Come lo avrebbe veduto volentieri! Come lo avrebbe abbracciato.... Madonna santa, come sentiva di amarlo!

E il cavallo galoppava.

Il silenzio era profondo; nessun rumore, nessuna voce veniva dai campi, altro che quella malinconica del vento.

Doña Sol si vide perduta. Gridò ancora una volta: Don Esteban! — chiuse fra le mani la graziosa testa inanellata e pianse sotto il mantello.

Una casetta bianca colle persiane verdi, con un giardino, con un cancello dorato, alzava in mezzo agli