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244 | Novelle gaje. |
Beniamino pose tanta marziale energia in questa frase, che il suo amico d’un giorno, il sergente, l’avrebbe sonoramente approvato.
È duopo dirlo? I nomi rispettabili dei due soci tornarono a brillare senza sfregio sugli ondeggianti cartelli e Beniamino guadagnò cinque lire per il suo incomodo.
È vero? non è vero? me ne lavo le mani.
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Altro fatto — e questo autentico — anzi bollato, poichè a volerli cercare si troverebbero ancora la citazione, il processo e tutti gli altri amminicoli legali.
Il portinaio di Roberto era un uomo burbero, calzolaio di professione e manesco per temperamento.
Beniamino lo sapeva, essendo già stato testimonio di qualche rissa più o meno incruenta, e fu per questo che un dopo pranzo, tra il chiaro e lo scuro, standosene egli alla solita finestra lasciò cadere in corte il piccolo cucchiaio di legno...
Il portinaio, approfittando degli ultimi barlumi del crepuscolo, lavorava fuori della sua tana. — Beniamino, che era sceso a cercare il cucchiaio, gli passava e gli ripassava davanti forse un po’ più di quanto comportasse il bisogno.
— Ehi! dico, fatevi un po’ più in là, non ho d’uopo di paravento.
A quest’apostrofe aggressiva il nostro eroe non rispose e continuò il fatto suo.
— Avete capito? — insistè il burbero Crispino.