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236 | Novelle gaje. |
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Il gran giorno si avvicinava.
Valentina non usciva più che appoggiata al braccio di suo marito.
Roberto era in estasi ed ella sorrideva dolcemente e malinconicamente come sogliono le sposine alla vigilia del grande avvenimento.
Qualche volta ella diceva:
— Che sarà di me, Roberto... se dovessi morire?
Roberto allora si gettava a suoi ginocchi, coprendole di baci le mani, e Beniamino in un angolo tirava fuori il suo fazzoletto giallo.
I bisogni crescevano e Roberto non era ricco che d'amore; invano chiamava barbari i suoi genitori, invano scongiurava Valentina a fidare in un miglior avvenire — il presente era brutto, l’avvenire molto buio.
— Beniamino, disse un giorno la sposina, non capisco perchè ci imbandisci sempre carne di maiale — procura di variare un poco — per la mia salute non è punto adatta.
Beniamino chinò la fronte come sotto un rimprovero meritato, e: Diavolo! — pensò — è un inconveniente che i pizzicagnoli non abbiano a vender polli o carne di vitello! Alla sera invece di coricarsi presto, come al solito, egli uscì.
La sera dopo uscì ancora, e il terzo giorno un bel pollo arrosto fumava sul deschetto dei due sposi.