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14 | Novelle gaje. |
mette di formulare più chiaramente; ma ecco che un altro ordine di idee mi si affaccia al cervello. A che cosa tende il bigottismo, se non a svellere dalla natura tutto ciò che è umano? Il bigottismo prende un uomo di carne e d’ossa, di muscoli e di sangue; me lo muta in un ente astratto che ha occhi e non deve vedere, mani e non deve toccare, fibre e non deve sentire; me lo tuffa nel misticismo; me lo circonda di virtù negative; me lo avvia dritto dritto sulla strada di un paradiso che ogni buon cristiano desidera e spera più tardi che sia possibile.
Dunque mia zia può essere stata una di queste creature elette, prescelte ad abbandonare l’alta missione della donna, l’amore, il sacrificio, la compassione, il lavoro, la famiglia, la maternità, per correre con un giglio in mano sugli inutili sentieri della penitenza.
Delle due versioni il lettore prenderà quella che meglio gli aggrada.
Io continuo la cronaca dei fatti e registro per intanto, a latere della marchesa, un certo cavaliere Guglielmo Zaccarone dei nove Chiodi, nobilissimo e illustrissimo personaggio; carattere grave, costumi illibati; una pietà di san Francesco da Paola; un fervore di san Tommaso d’Aquino; un’umiltà di san Rocco; una fermezza di sant’Antonio abate per resistere alle tentazioni; spiacemi di non poter aggiungere un’eloquenza di san Giovanni Grisostomo; la colpa non è mia.
Il cavaliere Zaccarone dei nove Chiodi doveva rassomigliare molto a quel palo su cui il tiranno Gessler aveva collocato un cappello; c’era in lui la medesima altezza e flessibilità. Vestiva abitualmente di nero e