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Beniamino. | 229 |
— Ah! il mio povero bambino in che triste casa sta per nascere!
Beniamino cavò fuori anche lui il suo fazzoletto di cotone giallo e, asciugandosi due grosse lagrime, esclamò:
— Non la si disperi... no, dal fornaio abbiamo ancora credenza e dal macellaio con una buona parola...
— Sì, ma presto o tardi bisogna pagare.
— Presto o tardi verrà anche la fortuna, mia buona signora; ogni bambino porta il suo cestellino...
Il pudibondo ragazzo arrossì di quanto aveva detto, e infilato nuovamente il paniere, corse fuori dell’uscio.
Valentina piangeva facilmente, ma erano lagrime che non lasciavano solchi sulle sue guancie paffutelle; erano come la pioggia d’aprile cui attraversa folleggiando un raggio di sole.
Aveva della donna l’amore e della bambina tutte le graziette ingenue, le facili gioie, le creduli illusioni, la spensieratezza e l’inesperienza.
Aveva versato una bianca lagrima trasparente sulle riflessioni di Beniamino, ma ora sorrideva già ricamando un camiciolo e proponendosi di attaccarvi delle belle rosettine di nastro celeste.
— Guarda! guarda! esclamò giuliva, spiegandolo davanti a suo marito che entrava in quel punto; fagli un bacio!
— Al camiciolo, o a te?
— A entrambi.
E leggera come una rondinella si slanciò al collo di Roberto.