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Beniamino. 225

gliacci o in questa malconcia cameretta, sul vestito lilla di Valentina!

E per prima cosa nascose il paiolo in un armadietto improvvisato con due coperchi di vecchie cassette. Poi si diede attorno in punta di piedi, per non svegliare i vicini e felici dormienti, a ravviare, a pulire, a mettere in mostra il bello e celare accortamente il brutto.

Divise la camera per metà. Da una parte collocò tutti gli utensili di cucina e di basso servizio; l’altra ridusse a un facsimile di tinello raggruppandovi quanto v’era di migliore in fatto di mobili.

Poi, colle mani dietro la schiena, contemplò l’opera sua giustamente orgoglioso e sorridente in viso; senonchè questo moto esterno di soddisfazione si confondeva con un moto interno, con una aspirazione prima vaga e indefinita, indi stringente e imperiosa verso quelle nebulose regioni, in cui, cinte da olezzanti vapori, dovevano in quell’ora uscire alla vista dei galantuomini affamati, centinaia di pani freschi.

Beniamino pose l’indice in tasca; vi restava appunto di che comperare un bel pane di mezza libbra e scendendo gaiamente le scale, le risalì quasi subito colla sua colazione sotto l’ascella.

Gli sposini dormivano ancora.

Beniamino, a cavalcioni della finestra, incominciò a sbocconcellare dando un’occhiata dentro all'opera delle sue mani e un’altra fuori al suo buon amico il sole, che innondava di raggi giulivi una lunga sfilata di tetti a tegoli rosa.