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Come la mia anima fu perduta alla grazia. 13


divenne una celebrità per la provincia; un trionfo di più per il sesso, debole, s’intende; e una speranza per il calendario. Tale successo la infervorò maggiormente nella pietà, nella devozione, nel ritiro, nella continenza, nella mortificazione della carne, nella negazione d’ogni principio vitale e sociale, insomma in tutte le virtù cristiane.

A ventisei anni, bella, libera, ricca, la marchesa Atenaide di Vavaroux, Monte, Rocca, Picco e Torre era inespugnabile; sfido io, agguerrita a quel modo! Aveva da sola più fortezze che non ne avesse a’ suoi tempi il re di Sardegna; che dico! Aveva il quadrilatero italiano. Eppure pensando adesso alle sue bianche mani che l’ozio dei Paternoster aveva perfettamente conservate, pensando alla sua taglia che appariva morbida e snella anche sotto la pelliccia di martoro; pensando a’ suoi begli occhi, a’ suoi ondeggianti capelli e a molte altre cose ancora io non mi so persuadere che l’amore abbia rispettato un terreno così favorevole a’ suoi attacchi.

Sepolta per otto anni in Russia, nella compagnia d’un boiardo che fuma, bestemmia e adopera il knout, non ha ella sentito ondate di sangue novello scorrerle le vene quando pose il piede sui giardini d’Italia? Non ha ella subito l’influenza di questo caldo cielo, di quest'aere voluttuoso, dei molli profumi che esalano i nostri prati verdeggianti, i nostri colli e le sponde fiorite dei nostri laghi?

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La linea di puntini che qui vedete, rappresenta una conclusione che il mio ossequio di nipote non mi per-