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Beniamino. 217


Il sole cominciava a tramontare e la vasta spianata animavasi di brigatelle giulive e di lieti crocchi seduti sull’erba nascente.

Beniamino pensò che se c’era qualche cosa più bello del giorno doveva essere certamente la sera — ed espresse questa opinione al suo nuovo camerata.

— Verissimo! e la notte più bella ancora, perchè si dorme e si sogna di essere re o papa, ma ad ogni modo l’istante presente, tieni a mente coscritto, è sempre il migliore.

Beniamino approvò con un cenno silenzioso del capo, perchè già la sua attenzione era rivolta altrove, divisa fra un pagliaccio che arringava il pubblico e una gran guantiera di zuccaro filato a cinque centesimi il pezzo.

— E poi, stammi attento. Se tu vuoi essere felice in questa vita, piglia il mondo come viene. Piove? e tu lavati la faccia; c’è sole? e tu fattela asciugare; siamo in pace? viva la pace; siamo in guerra? viva la guerra. Tant’è tanto, la ruota gira sempre.

Beniamino, continuando ad approvare, si era deciso per lo zuccaro filato; ne comperò due pezzetti offrendone uno al camerata, ma il camerata rifiutò e propose invece di fermarsi dal pagliaccio.

Salti mortali, esercizi sul trapezio, giuochi indiani, lotte, pantomime, magia bianca, musica di zuffoli e di timballi, un’intiera fantasmagoria passò davanti agli occhi meravigliati di Beniamino.