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Beniamino. 207

Così passarono gli anni; la morte portò via la buona balia coi suoi rimpianti. Il vecchio marito la seguì. Beniamino restò solo.

Or ecco che cosa aveva pensato in quel mattino di primavera: Anderò a trovare Robertino!

Questa determinazione improvvisa non presentava quello che si dice una base solida di riuscita.

Conveniva anzitutto recarsi a Milano, cercare la bottega del salumaio, presentarsi, essere ricevuto.

E poi, esisteva ancora quel salumaio? E Robertino stesso, il bel fanciullo dagli occhi neri, chi sa cosa era diventato?

Beniamino non si fece illusioni su tutte queste difficoltà; capì di accingersi ad un’impresa irta di ostacoli e prese le sue misure.

La cameretta ch'egli abitava senza lusso non solo, ma anche senza mobili, raccomandò a una buona vicina onde i topi e le ragnatele non vi eleggessero troppo stabile domicilio. Prese la sua camicia di scorta, un fazzoletto e un paio di calze, unica superfluità del suo guardaroba. Pose la camicia e le calze entro il fazzoletto, annodò i quattro angoli e parve soddisfatto di quel leggiero bagaglio. Diede allora un’occhiatina all’ingiro. Il sole batteva rilucente sulle nude pareti, e milioni di pulviscoli d’oro scintillavano attraverso i suoi raggi, nel vano della finestra aperta.

Un odore giovanile di gelsi, di biancospino e di rabinia saliva dall’orto, misto al cinguettio delle rondini, al ronzare delle farfalle, allo stormire del vento tra le foglie novelline.

Il cielo azzurro rideva, ridevano i prati vestiti della