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204 Novelle gaje.

presenta una gatta (o un gatto?) col motto seguente:

«Chiara qual secchia fui, con differenza
Ch’ebbe quella un Tassoni ed io son senza.»

Chiusa la nota mi domanderete come mai tanti paesi vorrebbero gareggiare nel chiamarsi patria di Beniamino, che alla fin fine non è nè Beniamino ebreo, nè Beniamino Franklin, nè alcun altro Beniamino celebre e conosciuto.

Ma io vi dirò, cari lettori, che in tutte le terre che si stendono dall’Adda all’Iseo solcate dal Serio, baciate dal Brembo, benedette da colli, da gelsi e da vigneti, insomma nel basso bergamasco, il mio eroe ebbe fama di ragazzo sveglio ed argutissimo fra quanti mai.

Primo alla scuola, primo in chiesa a servir messa, primo sul sagrato dopo i vesperi a giuocare ai birilli, primo a sparare i mortaretti nel giorno della fiera, primo a salire sull’albero della cuccagna e primo (ve lo confesso intanto che non mi sente) a ruzzolare schiamazzando in mezzo al prato.

Chi vuole che Beniamino fosse il suo nome di battesimo, chi vuole fosse un nomignolo appiccicato, perchè tutti lo amavano in paese.

La vecchia Marta, alla quale egli portava i panieri, reduce dal bucato, soleva esclamare dandogli uno scappellotto amichevole: Dio ti proteggerà, sei un buon figliuolo!