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198 | Novelle gaje. |
Sedette e si appoggiò al parapetto colla noncuranza sdegnosa di una donna che sa di esser bella; poi, allontanando un riccio importuno, girò sulla platea due occhi neri, franchi, sicuri — di quegl’occhi che se non promettono molta gioia all’amore, lusingano però l’amor proprio. Il dottore la salutò; ella gli fece un cenno amichevole colla mano e chinò graziosamente il capo.
Durante il primo atto, Aurora mi tese una rete d’occhiate assassine; nel secondo rinserrò i nodi mostrandomi compiacentemente la curva voluttuosa delle sue spalle; il terzo non toccava la fine che io ero già cascato come un merlo.
— Dottore, io impazzisco per quella donna.
— Cattivo metodo: mens sana in corpore sano.
— Vi pare ch’ella corrisponda?
— Oh che! credete che la fisionomia d’una donna sia semplice come l’abbici?
— Come potrò dunque sapere?
— Pazienza — è la diplomazia dell’amore.
Andai a casa ebbro. Io non bevo e non fumo, ma gli sguardi d’una bella creatura appartenente all’altro sesso mi hanno sempre fatto l’effetto del vino e del tabacco — mi ubbriacano. È per questo che salii le scale cantando a squarciagola:
Bella fanciulla dall’occhio nero |
che all’indomani i vicini mossero lagnanza al padrone di casa sugli urli strani che avevano turbato i loro sonni.