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188 Novelle gaje.

che la vidi, Francesca, non ho più pace. Abbi compassione di me!

— Si sente male? Vuole che chiami Martino? disse Francesca con voce commossa.

— No, non chiami alcuno; lei sola può guarirmi.

Chi sa come andava a finire quella scena se non capitava all’impensata il capitano.

Francesca svenne — Dio! come stava bene svenuta! Io mi gettai ai piedi del signor Automedonte protestandogli l’innocenza di entrambi e chiedendo sua figlia in isposa.

Egli me l’accordò con una incredibile facilità; io partii raggiante. Mi tenevo sicuro di potermi finalmente ammogliare.

Tutte le sere andavo a trovare Francesca. Ella non mostravasi così tenera come avevo sperato, ma era però gentile e piena di sentimenti delicati; suo padre mi permetteva di chiamarla mia; ella stessa, permettevami di cogliere qualche bacio sulle sue grosse guancie vermiglie e di passare il braccio intorno alla sua vita — cosa che non mi avanzava gran fatto perchè tutta la lunghezza del mio braccio arrivava appena a metà della sua circonferenza. Questo incaglio mi suscitava tratto tratto dei timori panici che m’affrettavo a scacciare lusingandomi che prima di sposarla ella sarebbe un po’ dimagrata.

Per altro affrettavo le nozze; quando si è in ballo bisogna ballare ed io provavo una smania frenetica di pro-