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Perchè sono celibe. 187


Il giorno dopo mi recavo da Francesca; era sola anche questa volta. Che provvidenza sono mai i genitori che lasciano in casa le figlie sole!

— Amabile Francesca, gridai appena la vidi, questa volta non chiedo perdono perchè spero di farmi egualmente perdonare l’audacia della mia visita.

— Signore, signore, che è mai accaduto? disse Francesca tingendosi d’un ben violetto carico.

— Le reco l’autore di quella strofa: T’amo siccome il pallido...

— L’autore?

— Volevo dire il nome dell’autore. È un certo Sacchéro; ma v’ha di più — se ella permette le reciterò il seguito della canzone:

T’amo! e te sola o vergine
Te sola al mondo io bramo;
T’amo! e dormente o vigile
Io ti sospiro e chiamo.

Ebbro, fuori di me, dimenticai il resto e non fui capace che di aggiungere:

T’amo! t’amo! t’amo!

— Per carità — signore! — mormorò Francesca lasciandosi cadere sopra sedia in modo quasi da sfracellarla — incidente che mi consolò di non aver potuto sorreggerla fra le mie braccia.

— Ah! io non so quello che mi faccia; dal giorno