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Perchè sono celibe. 185

sando a lei — ne risultò un’idea luminosa che tradussi subito in azione.

Volo in via tale, numero tale; suono il campanello; mi viene ad aprire l’ex-soldato in ciabatte e mi trovo alla presenza della florida Francesca; suo padre era uscito — oh! insperata felicità.

Ella stava scrivendo; al mio apparire nascose il foglio in seno e mosse ad incontrarmi graziosamente.

Se io non mi fossi trovato in estasi avrei notato quell’atto furtivo che non presagiva nulla di bene per le mie speranze — essendo notorio che una donna non suole celare in seno la nota del bucato — ma come dico, ero in estasi.

— A che devo attribuire, signore, la sua visita inaspettata?

— Oserei chiedere un favore alla signorina!

Ella mi guardò senza rispondere; io risposi senza guardarla:

— È certamente lei che scrisse sulle pareti del mio appartamento tutto quelle belle cose che io leggo e rileggo non saziandomene mai...

— Io... precisamente.

— Che tesori di poesia, di sentimento, d’amore! esclamai con entusiasmo.

Francesca arrossì fino alla radice dei capelli; i suoi capelli erano d’un biondo comune, ma assai copiosi e pettinati in ricci.

Io continuai:

— Una strofa sopratutto mi commosse — cercai invano il nome dell’autore... oh! se ella fosse tanto compiacente da volermelo direi — E qui le recitai pateticamente quegli otto versi che sapete.