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178 | Novelle gaje. |
aver tentato inutilmente di appendere scale di seta ai balconi delle moderne Giuliette; dopo aver tentato invano di commovere i cuori delle pervertite Ofelie
Andai ramingo e povero... |
Finchè mi giunsero alle spalle i trentacinque anni; è ancora una bella età per prender moglie: notate che avevo conservato le mie sei posate d’argento, le tre tovaglie di Fiandra e gli otto lenzuoli, ai quali avevo aggiunto sei fodere nuove e una bella coperta di damasco giallo. I miei superiori continuarono a volermi bene; gli inferiori, ai quali pagavo la solita di barbèra, mi rispettavano; godevo ottima salute; non m’era mancato neppure un dente; non m’era cresciuto neppur un callo; i miei capelli rivaleggiavano coll’ebano, col carbone, colla pece giudaica, con quanto v’ha di più nero e di più lucente.
— Gregorio — dissi — bisogna pensare seriamente ad ammogliarsi. Per il San Michele prossimo deve esser affar finito. Allora eravamo a Pasqua e cambiavo casa per la sesta o la settima volta. Il mio nuovo appartamento era a pian terreno; «quattro gabinetti verso giardino con comodo di rimessa e scuderia per un cavallo:» così il cartello dell’appigionasi. Ma io che non ho cavalli (bontà divina, dovrei andare all’ufficio a cavallo?) chiesi di poter avere soltanto i gabinetti; mi fu concesso.
Erano quattro bugigattoli; mi direte che per un uomo solo bastano; domando perdono — se questo uomo potesse dividersi in quattro parti e collocarne