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174 Novelle gaje.


— La mano di Elisabet? — gridò il borgomastro. — Io ti avrei abbracciato come figlio, come degno successore dei Goldbacher!

— Abbracciatemi allora, perchè la pipa che avete in mano l’ho fatta io. Ecco qui quella dello zio Bernhard.

E sì dicendo il giovane Hans presentò una pipa in tutto eguale all’altra.

La meraviglia, la gioia, la sorpresa più impensata scosse tutti i cuori. Elisabet piangeva e rideva. Gretchen rideva solamente.

La vecchia Trudchen, balzando fuori dalla cucina, gettò le braccia al collo di Hans e di quel trasporto di felicità restarono le tracce sui piccoli baffi di Hans che si tinsero di crema.

Lo stupore più profondo lo sentiva Joseph Goldbacher.

Rapito nella contemplazione di quei due capolavori s’era posto in testa, per non sapere dove metterlo, il berretto greco, e tra le varie sensazioni che lo agitavano, tra le pipe, tra il berretto aveva un’aria così tragicamente comica, così umoristica che Rembrandt lo avrebbe preso per modello.

Ma se per lo stupore il borgomastro primeggiava, l’estasi era tutta dei due giovani. Si guardavano e credevano di vedere aperto il paradiso.

Ah! come finì bene quel giorno di festa che aveva avuto un così brutto principio!

Il giovane Hans tornò a sedere intorno alla mensa giuliva e l’ampio piatto di crema fece il giro allegramente, fiancheggiato dalla schietta birra di Baviera.