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160 Novelle gaje.


— Ah! Joseph, quale disgrazia ci ha colpiti! — esclamò la donna, arrotondando sul fianco il suo braccio muscoloso, così che presentava tutt’insieme l’aspetto di una leggiadra bastardella col manico. — Hanno rubato la pipa dello zio Bernhard!

— La pipa dello zio Bernhard! — ripetè il borgomastro con una leggiera velleità di ricacciare fuori la gamba; velleità, m’affretto a dirlo, che fu subito repressa. — E come avvenne ciò, mia buona Gretchen? La nostra casa è forse in possesso dei ladri?

— Dormivo — rispose Gretchen, senza avvedersi che il madras, moltiplicato colla camicia dava un prodotto abbastanza incerto — dormivo e mi svegliò un rumore nella sala da pranzo. Balzai allora dal letto...

— Turbolenta Gretchen! Non hai dunque riflettuto ai pericoli che potevi incorrere?

— No, amico mio. Cedendo a un moto subitaneo volai nel salotto, ma sulle prime non vidi nulla...

— Se venissi a letto, Gretchen, colomba mia? Io son tutto assiderato e muoio per impazienza di sentire come sparve la pipa dello zio. Non c’è esempio ch’io abbia mai passato una notte come questa; ammalerò di sicuro; vieni a letto, Gretchen.

— Non vidi nulla — proseguì Gretchen coricandosi a fianco dello sposo — ma non volli darmi per vinta e rovistai in ogni angolo...

— Imprudente donna!

— Finchè mi accorsi di un vuoto al di sopra della stufa; oimè, la pipa non era più appesa al suo bel cordone verde.

— Quello che tu racconti è meraviglioso. Mi faresti