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158 | Novelle gaje. |
solito gute-nacht che da vent’anni cullava i suoi dolci sogni.
— Ah! madama Gretchen, madama Gretchen, me l’avete fatta grossa! — mormorò l’onesto magistrato, rizzandosi a sedere e girando intorno alla camera nuziale le sue pupille tonde e stupefatte. — Dovrò io scendere dal letto e cercarvi per tutta la casa, per tutta la contrada magari, infida Gretchen?
L’ombra di questi tristi pensieri oscurava la fronte del pacifico borgomastro, contrastando col florido vermiglio delle sue guancie che simili a due mele moscatelle gli pendevano da una parte e dall’altra e tremolavano ad ogni scossa della testa.
— Per fermo se l’assenza si prolunga, io dovrò scendere dal letto — continuò il brav’uomo gettando uno sguardo melanconico alle sue pantofole ovattate sulle quali Elisabet aveva profuso dei vergiess-mein-nicht di lana e seta con certe perline bianche, trasparenti, che dovevano simulare la rugiada.
Questa idea della rugiada sulle pantofole è così tedesca... Basta; ascoltiamo il soliloquio dell’infelice marito:
— Posso io ammettere il caso ch’ella sia andata a preparare la pasta per i krapfen, onde averli pronti domani all’ora della colazione? No, è troppo presto — concluse, osservando che la sfera del suo grosso orologio d’argento segnava appena le due. — Forse Elisabet si sente male? ma è impossibile; mia figlia non si sente mai male. Orsù, m’avvedo che dovrò discendere; e tuttavia se ella è in casa ritornerà; se è fuggita, come faccio a inseguirla? Calmati, calmati,