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Avventure di due filosofi, ecc. | 155 |
— Allontaniamoci — biascicò il marito mezzo morto per l’affanno e l’altro mezzo per la paura — io sono il più infelice degli uomini.
— O non avete per consolarvi l’anima immortale?
Bettredin non rispose verbo; tutti e due macchinalmente ripresero la via del palmizio. L’aurora imperlava gli estremi lembi dell’orizzonte e gli uccelli chiacchierini cantavano i loro amori sulle cime dei bambù.
Due giovani contadini marito e moglie entravano allora in Bagdad carichi di frutta e di erbaggi destinati al mercato. Avevano la gioia dipinta sul volto e la tranquillità negli occhi sereni.
— Da dove venite? — chiese loro Bettredin, sperando di poter sfogare con qualcuno il suo dolore.
— Dal lavoro.
— E dove andate?
— Al lavoro.
— Siete voi felici?
I due si guardarono e risero.
— Che sistema usate — interruppe Nourredin vôlto al marito — per mantenere l’equilibrio negli umori latenti della vostra sposa?
Nuova occhiatina e nuovo sorriso.
— Non vi siete mai occupato dei globuli del suo sangue?
— No sicuramente — rispose il contadino che incominciava a credere di aver incontrato due pazzi.
— Conoscete almeno le protuberanze del suo cranio?
— Nemmen per sogno.