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154 | Novelle gaje. |
— Entriamo dalla porticina del parco che mette direttamente all’harem.
Così disse Bettredin; ma fu ben sorpreso allorquando trovò la porticina aperta... Corrugò la fronte come sogliono tutti i filosofi nelle circostanze gravi e si diede a riflettere seriamente.
Bentosto un rumore lieve, indistinto, variato nelle sue cadenze, ora fievole come un sospiro, ora schioccante come un bacio, percosse contemporaneamente le quattro orecchie dei due filosofi.
— Qui c’è gente — disse Nourredin.
— Parlate piano e levatevi le babbuccie.
Nourredin rattenne il fiato, ma spalancò gli occhi e vide agitarsi sotto gli oleandri fioriti due ombre... di ambo i sessi. Lui aveva il caffetan azzurro ricamato in oro, Lei un paio di calzoncini color perla e una tunica di cachemir rosa tutta sparsa di gemme; un lungo velo bianco le adombrava gli omeri ignudi e tremolava come una nuvoletta ai raggi della luna.
— Eterno Iddio, chi vedo? La celeste Badura! — mormorò Bettredin vicino a svenire.
— Conversa, a quanto pare, con un genio della notte — disse Nourredin separando i rami per osservare meglio, e dopo aver osservato soggiunse: — e il tema non mi ha l’aria di essere molto spirituale...
Per quanto i due filosofi usassero cautela, il loro bisbiglio fu udito. I calzoncini color perla balzarono in piedi e il caffetan azzurro si pose in guardia facendo balenare la lama damaschinata d’una scimitarra persiana.