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Avventure di due filosofi, ecc. 153


Dopo la lettura di questa epistola, Nourredin si abbandonò al più violento dolore. Invano l’eunuco tentava consolarlo, promettendogli una seconda sposa, una circassa dagli occhi tagliati a mandorla, neri come il manto della notte, col naso a punto di spada, la bocca vermiglia come il fiore dell’aloe, il collo bianco e flessibile come quello delle cicogne quando si curvano vezzeggianti dall’alto dei minareti... L’eunuco aggiunse molte altre descrizioni, ma tali che si potrebbero dire appena in lingua turca.

Nourredin si mostrò insensibile; ed anzi, venutogli in uggia la vista di uno schiavo che non aveva saputo custodire il tesoro affidatogli e la casa stessa richiamandolo alla memoria del perdute dolcezze, fuggì a lunghi passi che lo portarono sotto la palma dove Bettredin contemplava ancora le stelle.

— Mio povero amico — esclamò il filosofo spiritualista, quando ebbe udito il triste caso — non mi maraviglio che il vostro sistema vi abbia condotto a sì deplorevoli effetti. La materia...

— Vi prego, consolatemi diversamente — interruppe lo sposo tradito, prevedendo una dissertazione metafisica.

— Volete venire a casa mia? L’ordine, la pace, il puro amore che vi regna calmerannno il vostro spirito, e la celeste Badura vi solleverà il cuore colle armonie soavi del liuto.

Nourredin nulla rispose; l’altro lo prese sottobraccio avviandosi silenziosamente per le strade della città, attraverso piazze deserte e giardini sconfinati fino ad una solitaria collinetta, dove sorgeva fra gli oleandri la casa di Bettredin.