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152 Novelle gaje.


— È sparita. Nell’harem desolato echeggia il suono della sua voce divina; il morbido divano conserva tra le pieghe di raso l’impronta della vaga persona; geme nel bagno di porfido l’acqua che accolse le bellissime forme; e sulla mensa apparecchiata si raffredda la torta di ribes.

— Sparita! sparita! — ripeteva Nourredin — ma come? quando? perchè?

L’eunuco tirò fuori una lettera nascosta gelosamente tra la doppia fodera del suo turbante e la consegnò in silenzio.

Il filosofo l’aperse con precipitazione. Era profumata di muschio, colle iniziali a timbro secco e diceva:

«Caro marito,

«Sono stanca di sudare e di far torte; non incolpa nessuno della mia fuga; l’eunuco è innocente. Io parto con un capitano francese che mi assicura essere Parigi la città delle donne, e che il costume europeo mi anderà a pennello. Pare che non si portino calzoni oltre il Mediterraneo; ti lascio i miei per ricordo; ma prendo i gioielli e l’oro che mi serviranno durante il viaggio. Sono delicata in materia d’onore e non voglio essere d’aggravio al capitano. Addio, caro marito. Quando ne hai abbastanza di fare il turco, puoi venire a trovarmi in Europa, dove vivremo di buon accordo tutti e tre. Mi assicurano che la cosa è possibilissima e niente affatto contraria alle leggi del paese.

«Tua fedele Aïssa

«PS. Ricordati di rinnovare il miglio nella gabbia del mio canerino.»