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146 | Novelle gaje. |
— E perchè — disse Nourredin, arrestando la mano del suo confratello che si accostava rapidamente alla bocca — perchè fate torto alla celeste Badura di un desiderio innocente? Avrebbe ella così floride carni e guance color di rosa e braccia rotondette se non vi provvedesse di tanto in tanto con una coscia di montone o un piatto di pilau?
— Siamo tributari della carne... non facciamoci schiavi — rispose Bettredin, seguendo cogli occhi la curva discendente del pasticcetto — ogni boccone che alimenta il corpo spegne una scintilla del fuoco divino.
— Secondo la vostra teoria, il mezzo più spiccio onde raggiungere la perfettibilità sarebbe quello di crepar di fame.
Pronunciando questa conclusione, Nourredin fu preso da un eccesso di ilarità così potente che ne ebbe scosso tutto quanto il diafragma e i nervi comunicanti colla mano si rallentarono, facendo cadere il pasticcetto che andò in mille frantumi.
Il saggio Bettredin ne tolse argomento per declamare sulla caducità della materia.
Il sole dardeggiava nella sua massima forza, nuotando dentro un’atmosfera azzurra attraversata da pulviscoli d’oro.
Le larghe foglie della palma ombrellifera difendevano a stento i due filosofi, ma una dolce brezza movendo dal Tigri stormiva fra i boschetti di tamarindi e di fichi e temperava l’eccessivo calore.
— Quale è il sistema da voi scelto — domandò Bettedrin dopo un lungo silenzio — per educare lo