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Un ideale. 135


— Carolina, mia cara, vai a dare un’occhiata a quei piccioni?... se il naso non mi tradisce sentono un po’ l’abbruciaticcio.

Un’occhiata ai piccioni; ella! le cui pupille facevano palpitare un poeta!

L’ideale di Carolina, statemi attente fanciulle, che parlo per voi, era un marito impossibile. Un marito che si alza alla mattina colla voglia di sciogliere un inno al creato; che passa il resto del giorno a indovinare i pensieri di sua moglie, a trasalire co’ suoi nervi, a palpitare col suo cuore; un marito che legge Jacopo Ortis e che tra il lesso e l’arrosto trova modo di citare qualche verso di Lamartine; un marito pieno di grandi idee, di concetti sublimi, di pensieri superiori a quelli di tutti gli altri uomini, bello, poetico, romanzesco; senza dolori di denti, senza reumatismi, senza raffreddori, senza calli, non soggetto a nessuna delle volgarità della materia. Deve mangiar poco perchè questo è indizio di animo delicato; odiare il vino, abborrire lo zigaro, annoiarsi in compagnia degli amici è riporre ogni suo diletto nella contemplazione della moglie. Oh! un marito che mi adori così!...

Zitto, ragazze; chiedete un poco alle vostre mamme se di questi mariti ne sono mai spuntati sotto la cappa del cielo.

Esse vi risponderanno di no; ed io aggiungo: fortunatamente.

Buon Dio, come si potrebbe vivere con un uomo