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Un ideale. 133


— Tu non potrai negare che l’amore nobile, l’amore sublime è quello che si distacca dalla terra e vola a cielo.

— Con tua pace, l’amore nobile, l’amore sublime è quello dell’uomo che dice alla donna: «Ti do il mio nome e la mia casa, vieni, mangia del mio pane, bevi alla mia coppa e ti riposa sul cuor mio.» Qui c’è tutto, sai? C’è la massima poesia, c’è il sentimento, c’è la verità, c’è la natura. Io non capisco perchè il cielo debba essere più poetico della terra, della terra ove ci sono i fiori, ove c’è il mare, ove c’è la donna.

Carolina faceva spalluccie. Io continuai:

— Lasciamo stare le digressioni e teniamoci stretti all’argomento. Che speri tu da questa romanzesca amicizia?... maggiori gioie di quelle che ti può dare e che ti dà tuo marito? Come farai a nobilitare, a sublimare un’affezione illegittima? Sono dunque così tortuose e buie le vie che conducono al cielo?

— Il brutto vizio che tu hai di scrivere per le stampe t’ha affilata la lingua per modo che io non posso tenerti dietro a ragionare. E poi dovresti sapere, te che la pretendi a scrittore psicologico, dovresti sapere che la donna non è fatta per ragionare molto e che in materia di simpatie poi non ragiona affatto.

— Ma disgraziata! tu scherzi col fuoco.

— Oh!... — fece Carolina offesa — che opinione hai tu de’ miei principi?

— L’opinione che finiranno male... scusa...

— Sono stanca di questi discorsi! — esclamò l’amica mia alzandosi repentinamente. Io feci altrettanto e presi commiato.