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La mia vicina. | 119 |
siasmo, mi si rallentavano i palpiti del cuore, un gruppo di singulti repressi mi stringeva la gola.
Tenevo ancora in mano i bottoni; li guardavo, li voltavo, li rivoltavo. Ella continuava a cucire e il silenzio era così perfetto che udii il ritornello del piccolo gobbo:
Ah! dillo se m’ami...
— Vicina!... — mormorai con accento supplichevole.
— Signore? — fece ella sollevando un istante i suoi begli occhi un po’ severi.
— Ella è molto crudele oggi con me.
— Ha il confronto di molti anni per poterlo dire?
Con questa osservazione fina e pungente volle rammentarmi che la conoscevo da ieri.
Sì, da ieri — ma quanta strada ella aveva già percorso nel mio cuore! — ed è il cuore che partorisce gli affetti, non il tempo.
— Signora — ripresi — ella che ha tanta umanità per le sofferenze fisiche non ne avrà affatto per i mali dell’anima... anche se quest’anima le è sconosciuta?
— Se parla per suo conto trovo ben singolare lo sfogo. Non vi è un’altra persona che ha tutto il diritto e tutto il dovere di consolarla?
— Comprendo; vuole alludere al mio matrimonio; ma è un matrimonio che non si farà nè ora nè mai.
È impossibile ch’io descriva a parole il lampo che balenò negli occhi della mia vicina. Come in una buia notte quel lampo mi rischiarò il cammino che dovevo percorrere.