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110 | Novelle gaje |
— Sono veramente mortificato di doverla contraddire, ma non mi sembra finito; mancano ancora due bottoni, e poichè fu tanto gentile cogli altri...
Tornò a sedere e attaccò quei due bottoni con incredibile prestezza.
Io la guardavo e devo pur confessare che in questa occupazione mi fuggiva il tempo rapidissimo, poichè ella era di quelle timide e modeste bellezze che non colpiscono direttamente i sensi, ma si insinuano inconsapevoli nel cuore.
Tac, tac, tac, tac.
Una piccola pendola di bronzo collocata su una mensoletta suonò quattro ore.
— Di già! — esclamai, prendendo il soprabiti dalle mani della mia vicina; e vi aggiunsi un milione di ringraziamenti; le promisi di riportarle subito i bottoni; le dissi che ero felice di averla conosciuta...
— È tardi — interruppe.
La salutai col massimo rispetto ed ella mi rispose con un leggiadro movimento di capo.
Quattro ore, ripetevo provandomi il soprabito davanti al mio specchietto. Non ho tempo da perdere, È singolare, m’è passata la voglia di andare oggi dal signor P. P. Giacobbe. E se rifiuta? E poniamo anche che non rifiuti, se avessi a pentirmene?
Rodolfo, Rodolfo, quando il vino è spillato... orsù, coraggio. Io non sono perdutamente invaghito della damigella — al contrario; ma se la poveretta ha preso sul serio la mia corte non voglio esserle cagione di disinganni.