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La mia vicina. 109


Cosa volevo dire? Una sciocchezza senza dubbio; la mia vicina la troncò a mezzo, esclamando:

— Ha già disposto tutto per il suo matrimonio?

— Tutto mentalmente; mi manca il consiglio di una donnina di gusto per concretare.

Feci una pausa studiata; ella non parve avvertirla o non volle.

— Ho in vista quattro camerette... crede che potranno bastare?

— Per due cuori bastano certamente.

— Oh! per due cuori sono anche di troppo: due cuori che si amano dovrebbero trovarsi tanto bene in una camera sola, un piccolo nido... come questo, per esempio.

Ella si chinò a raccogliere un bottone che non avevo visto cadere. Io continuai:

— Una finestrina con due cortine così candide e trasparenti, un piccolo tavolo come questo, ove l’amore verrebbe a mescere gioia e vino in una unica coppa.

Qui il mio sguardo cadde e si fermò sulla tenda celeste che nascondeva il letto... e sa Iddio il mondo di pensieri dolcissimi che mi suscitò quella vista — dolcissimi, onesti — pure non osai esprimerli; e tacqui, e la mia vicina, che avvertì la sospensione, indovinò fors’anche il motivo.

Per la terza volta il suo bel volto si coperse di innocente rossore; tremò tutta, balzò in piedi e con un delizioso smarrimento negli occhi mi consegnò il soprabito.

— Ecco, è finito.