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108 | Novelle gaje |
Tacque, ma aveva due occhi eloquentissimi, limpidi e bruni, due occhi che parlavano prima ancora che il labbro si fosse schiuso.
In quegli occhi lessi un vago dubbio sulla sincerità della mia dichiarazione.
Allora proseguii:
— Le parrà singolare, ma è proprio così. Sono deciso a chiedere la mano della signorina Giacobbe, senza aver detto nulla alla ragazza.
È dunque necessario buttarsi in ginocchio e gridare a squarciagola: io t’amo!? Queste scene non si vedono che nei vecchi melodrammi o nelle opere serie, quando il tenore canta la sua grand’aria di effetto.
La mia vicina infilò l’ago ed anche questa volta non rispose.
— Sono un uomo pratico io, vo dritto allo scopo. Ho deciso di metter su casa, di ammogliarmi e... e...
Poffarbacco!
Come uno sprazzo di luce improvvisa mi si affacciarono queste riflessioni.
Perchè ho scelto la signorina Giacobbe? Non v’era altra donna al mondo? Non ne avevo io conosciute di più leggiadre? L’amavo forse?
— Ahi! — La forbice m’era entrata nel polpastrello dell’indice riducendomi a pensieri meno filosofici.
Conchiusi. Cosa fatta capo ha e quando il capo è fatto, convien metterci la coda.
— S’è punta? — chiese la mia vicina.
— Oh nulla. Che è mai la puntura d’una forbice in confronto...