Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
La mia vicina. | 105 |
niche di camicia), presi il soprabito azzurro e mi rifeci all’uscio della vicina, mormorando con voce commossa.
— È permesso?
Il nido che la rondinella sospende ai veroni inghirlandati d’edera non è tessuto con eguale amore, non ha luce così soave ed ombre così piene di deliziosi misteri come ne aveva la cameretta della mia vicina.
Piccola, ravviata, linda, modesta; due tende azzurre nascondevano il letto, altre due bianche come un fiocco di neve adombravano la nitidezza luccicante dei vetri sull’unica finestra; uno stretto divano azzurro, una poltroncina azzurra, dei ninnoli, dei piccoli tappeti, dei posapiedi in ogni angolo, dei cuscini su ogni sedia, quadri graziosi e lieti, statuette biricchine, un angolo di cielo! un paradiso a quarto piano.
— E così? — fece sorridendo, poichè io restavo immobile col mio soprabito sul braccio.
Come ella sorrideva!
Aveva dentini candidi e brillanti; non sembravano perle, la Dio mercè, ma si mostravano quali erano, denti giovani e sani, disposti a mordere egualmente un labbro innamorato o una bella melagrana matura.
Le esposi il mio caso in poche parole, chiedendole se avesse qualche bottone da supplire almeno almeno ai due mancanti.
— Mi dispiace, non ne ho — rispose ella guardandoli attentamente.
— O povero me, dovevo campare trentacinque