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104 | Novelle gaje |
— Grazie — disse ella per la seconda volta.
Eravamo sulla soglia dell’uscio, nè l’uscio si poteva chiudere finchè io rimanevo colà, nè ragionevolmente potevo rimanervi.
Mossi due passi indietro; la mia vicina, che teneva una mano sull’imposta aperta, la richiuse dolcemente ed oramai non si vedeva più che la punta del suo ditino nel guanto di fil di Scozia.
— Signora!
L’imposta girò lenta lenta e senza metter fuori il capo rispose:
— Signore?
Qualche cosa bisognava dire ad ogni costo; colla coda dell’occhio avevo veduto nella mia camera (era aperta, come sapete) il mio soprabito azzurro che giaceva dimenticato sulla sponda del letto, quella vista, oltre al richiamarmi all’attualità della mia posizione, mi suggerì una idea splendida.
— Signora! — ripigliai con sicurezza — sarebbe ella disposta a volermi aiutare in una circostanza che mi rende desolato e che mi fa invocare la mano gentile d’una sorella?
— Che cosa posso fare? — chiese guardandomi senza ombra di diffidenza, ma con una leggera inquietudine, cui tradiva il movimento rapido de’ suoi sguardi da me alla mia camera.
— Vuole avere la bontà di aspettarmi un momento?
Entrai in casa mia; vestii il primo oggetto che mi capitò sotto mano e che si trovò essere la montagnola d’orleans (qualcuno si ricorderà che ero in ma-