Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/110

100 Novelle gaje

sdruciti. Impossibile, impossibile presentarmi in quella guisa al mio futuro suocero, il signor P. P. Giacobbe, l’ordine personificato.

Oooh! il signor P. P. Giacobbe, nientemeno? Sei ben fortunato, mi dicevano i miei amici.

Sì, era una fortuna, lo confesso; ma la ragazza zoppicava un tantino e aveva gli occhi che guardavano indipendentemente l’uno dall’altro, il destro a sinistra e il sinistro a destra.

Oooh! zoppa e losca?

Sì, ma era la figlia ed ereditiera del signor P. P. Giacobbe, una casa solida, fondata dal quondam Stanislao, che aveva relazioni dirette colle due Americhe e colle coste algerine.

Da parte mia, il principale mi riconosceva le migliori attitudini per gli affari, per il calcolo, per la tenuta dei libri in scrittura semplice e doppia ed anche per le corrispondenze... non in lingua araba però — adoperavo il francese. Guadagnavo millecinquecento lire e mi si lasciava vagheggiare la prossima prospettiva di duemila.

Avevo conosciuto la signorina Giacobbe in una circostanza notevolissima, durante cioè un raffreddore tracheale che la obbligava a tossire tutte le volte che passava a fianco del mio scrittoio; io le offersi modestamente del succo di liquirizia e così si stabilì la relazione.

Le cose, a dir vero, non erano molto inoltrate; per tutto l’inverno le avevo fatto una corte assidua sì, ma prudente; al principiare della bella stagione mi offersi di accompagnarla al passeggio, in compa-