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96 | Novelle gaje. |
La mia curiosità era di sapere come mai dalla freddezza dei giorni prima erano giunti a trovarsi di notte, colla nebbia, in fondo al giardino.
Non c’è che amore capace di simili farse.
Si erano incontrati al cader del sole, in quell’ora «che volge il desio.» Emanuele aveva fatto osservare che dieci anni prima, in quel giorno, in quell’ora essi giuravano di amarsi eternamente.
Vollero rivedere i sentieri, vollero toccare gli alberi, vollero salutare i fiori. Le memorie del passato si affollavano sotto i loro passi; in ogni boschetto trovavano l’eco di un sospiro o di un bacio.
Se ci fosse stata la luna oh! come l’avrebbero interrogata sospirando, ma siccome non c’era, sospirarono egualmente e per compenso si stringevano il braccio.
Che so io! La morale è che non vi sarebbe punto morale in questa avventura; anzi sospetto che doveva riuscire immoralissima se due giorni dopo una lettera da Teheran non avesse annunciata la morte del cognato, vittima del suo interesse per i bachi.
Questo morto, diciamolo, veniva a proposito per surrogare quell’altro morto che non lo era più — e intanto che scrivo l’occupazione di Emanuele è di provare a Sofia ch’egli è ben vivo.
Si sono sposati jeri.