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92 | Novelle gaje. |
Era sola e piangeva.
Non di quel pianto dirotto che accenna a un vivo dolore, ma silenziosamente accorata come immersa nella malinconia dei ricordi.
Nascose al mio giungere un pacco di lettere, ed io, persuadendomi di leggieri ch’ella ripensava al suo defunto marito, mostrai di non accorgermene. Prima di partire però le chiesi se aveva notizie del cognato ed ella parve — come appunto mi aspettavo — impazientita di questo richiamo alle sue seconde nozze.
Mi rispose che era lontano ancora, forse a Teheran che gli affari della seta si presentavano male e che ad ogni modo ella non voleva parlarne perchè non si sa mai quello che può accadere.
Aveva i nervi eccitati; sbadigliò, bevette due gocce d’acqua antisterica e mi ripetè quattro o cinque volte che era stanca della vita.
Che la donna sia mobile è una verità che tutti quelli che hanno udito Rigoletto non mettono più in dubbio — specialmente se il tenore ha bella voce — ma l’improvviso cambiamento di Sofia era troppo in dissonanza col suo carattere per lasciarmi tranquilla.
Ebbi la debolezza di credere che la mia compagnia le fosse utile e ritornai alla sera.
Questa volta non era sola. La voce di Emanuele, bassa e concitata, diceva:
— Che male c’è? I rancori cedono davanti a una tomba...
Ho capito — pensai — parlano del morto. — Entrai — e Sofia rimosse così vivamente la sedia per venirmi incontro che io mi posai il dilemma: O le fac-