quelli: il marchese Gherardi, un colosso, col collo taurino, le spalle larghe da fattore, un puzzo inveterato di sigaro e di stalla. Il letterato Benelli, duro e impettito, che salutava piegandosi in due, e che aveva l’aria di dire a tutto il mondo: «io guardo nelle anime vostre come in una casa di vetro; nulla mi sfugge del cuore umano.» L’avvocato Calmi, lo scettico che nessuna donna aveva fatto palpitare mai, e per il quale una bella ragazza era impazzita, senza che egli smettesse di sorridere. Il giovane duca di Castel Gabbiano, ultimo dei principi Scatti, un aborto miope, calvo e cretino. Giavazzi che amoreggiava solamente colle donne da teatro. Senni che aveva i denti neri come l’inchiostro. Weimer freddo come i ghiacci polari. Alari e Saluzzi, sposati all’alpinismo, capaci di parlare del Monte Bianco durante un valzer di Metra. Chi ancora? Tre o quattro ufficiali di cavalleria, già in guarnigione da due anni, e interamente sfruttati. E poi? E poi la folla.