Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 318 — |
tatore di serpenti; voi gli somigliate un poco. Egli sapeva accarezzare le piccole debolezze di don Leopoldo; aveva l’arte di interessarlo lasciandolo parlare e fingendo una attenzione scrupolosa. Sembrava che egli, Keptsky, l’elegante giovane della fine del secolo, fosse contemporaneo al vecchio gentiluomo, tanto sapeva vestire lo spirito di quei tempi lontani, fondersi, immedesimarsi colle rimembranze e coi rimpianti di lui.
Una impressionabilità fina, geniale, una delicatezza da mimosa, una intelligenza sottile, pronta ad afferrare tutte le sfumature del pensiero, erano queste le doti speciali di Keptsky, le doti esterne che si univano alla sua grande bellezza slava.
Quando Keptsky non era presente, don Leopoldo e sua nipote ne parlavano, esaltandosi a vicenda, scoprendogli ogni giorno nuove attrattive. Dalla Villa poi giungevano, un dì sì e l’altro no, dolci bigliettini di Théa, pieni