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l’arco dolcissimo delle sue labbra sui denti bianchi. Una volta gli chiese se, oltre la vecchia governante troppo amica dell’acquavite, nessun’altra donna avesse sorriso alla sua infanzia.

Egli rispose di no; di esser giunto ai sedici anni senza conoscere una donna giovane. Ma — soggiunse — nella solitudine della Podolia, piccino ancora, ebbi l’intuizione della donna. Abbandonato come ero, e precoce, quando la mia governante russava sotto alla tavola, io che non avevo sonno mi arrampicavo nella libreria, prendendo tutto, leggendo tutto, avidamente, finché durava la sera; e sono lunghe le sere dell’inverno russo!

— Conosceste la donna nei libri?

— Sì. O meglio, le donne di cui si parlava in quelle pagine mi schiusero la via a immaginare un essere fantastico, sovrumano, al quale io prestavo tutte le bellezze, e che fu per dieci anni il più adorato dei fantasmi.