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parenza di vita alla sua triste vegetazione. Una poltrona sgualcita, un giornale spiegazzato, un pizzico di cenere in una conchiglia, ecco tutto ciò che le avanzava dalla sua giornata; — e le voci d’uomo rimaste, come un’eco, nei drappeggi e, talora, una impronta polverosa sul tappeto. Non altro.

I romanzi di Daudet e di Flaubert — qualche volta anche quelli di Belot — si trascinavano sui mobili, presi, abbandonati, ripresi, avidamente percorsi e poi gettati con immenso sconforto. Quanto amore intorno a lei, nei libri, negli oggetti d’arte, nei pensieri, nei sottintesi! Che lungo, insistente invito al godere!

Tutte le sere, spogliandosi, in mezzo alle fotografie di quelle donne belle ed amate, sotto il baldacchino viola, trattenuto alla testiera del letto coi nodi azzurri d’amore, davanti allo specchio che rifletteva la sua pallidezza sofferente di vergine di trent’anni, Lydia pen-