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ne valeva la pena. Nulla valeva la pena di nulla; se c’era qualche cosa di buono nella sua vita, questo consisteva in una sconfinata libertà. La pagava abbastanza cara, perchè avesse almeno da approfittarne.

Stava dunque sprofondata nella sua poltroncina, coi piedi sopra uno sgabello imbottito, bene appoggiati, incrociati l’uno sull’altro, in calze di seta grigia e scarpe di pelle nera ricamate con perline d’argento. Aveva un abito di velluto rosso antico, orlato colla pelliccia alla moda, chiamata volpe azzurra, in realtà di un delicatissimo bigio sfumato. Sui polsi, lasciati scoperti dalla manica, molti giri di perle additavano, senza vincerlo, il candore della manina aristocratica.

— Sul serio? — fece; e la noia, l’implacabile compagna della sua vita, le schiuse le labbra a un leggero sbadiglio.

— Lo confessa lei stessa che è stanca.

— Sì; ma non voglio fare come i congiurati di Madame Angot...