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il mazzolino di fiori d’arancio, e corse a rifugiarsi presso la madre.

— Che c’è? — fece la contessa, rizzandosi sulla vita, guardando co’ suoi occhi ardenti cinti di rughe.

— Due mostri. Lui è gobbo, lei avrà quarantanni, e puzzano.

Gli occhi ardenti ebbero un lampo; le narici, dilatate, si agitarono; tutto il volto della contessa prese un’espressione violenta; le guancie, gialle e flosce, incorniciate nel cappello color rubino, arrossirono lievemente. Ma non parlò.

I parenti, gli uomini in piedi, le signore appena appoggiate sulle sedie burocratiche, ciarlavano a bassa voce, impazienti per l’attesa.

— Vi dovrebbero essere due sale per i matrimoni! — esclamò enfaticamente una duchessa discendente dai crociati.

Il conte Colombo, inchinandosi, col suo sorriso fine e furbo, rispose: