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Una sera burrascosa di marzo, dopo un temporale che aveva inondata la città, atterrando alberi e facendo cadere molti vetri dalle finestre, Don Leopoldo stava guardando il cielo. Dietro di lui la punta di due scarpine di pelle dorata, alzandosi e abbassandosi con regolare altalena, annunciavano la presenza di Lydia sulla poltrona dondolante.

Da mezz’ora nessuno dei due parlava. Questo accadeva spesso; non avevano nulla a dirsi. Il frasario del vecchio gentiluomo era così noto a Lydia, ed era così antico, ch’ella non si dava nemmeno più la pena di rispondere; ond’egli aveva smesso anche il tentativo di sostenere la conversazione. Capiva che era diventato un essere affatto inutile, un’ombra, un simulacro; e vi si rassegnava colla sua dolcezza mansueta, colla sua dignità silenziosa di gran signore.

Si annoiavano entrambi, mortalmente, quando entrò d’improvviso miss Seymour. Lydia non