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dalle stringhe, imbevuta di profumi e di polvere di Cipro, e lo specchio l’aveva riflessa in tutti i modi seminuda, vestita, cinta di veli o di pelliccie. Conosceva gli effetti del color bianco, se cercati nelle stoffe soffici e vaporose; la civetteria del rosa e del rosso alleati al nero; la riuscita del color viola, sotto il sole, in una giornata di buona salute; l’incanto del celeste pallido e del color perla nelle stoffe di seta; le risorse dell’azzurro cupo; i buoni uffici del lontra e del prune. Poteva vestirsi al buio con sicurezza di riuscita; senonchè il rosa e il celeste non le andavano più tutti i giorni....
Una grande malinconia la prendeva, quand’era sola. Apriva il piano, scorreva un libro, gettava giù uno schizzo, fumava una sigaretta: ma tutto senza voglia, senza entusiasmo, senza convinzione. Che cosa mai le mancava? Avrebbe data tutta la sua vita per un giorno solo di felicità. Quale? La felicità, nient’altro.