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creazione che mi stava innanzi, ch’ella mi spiegava con quella sua anima aperta, calda, amante, spargendo su tutto la luce, mettendo in tutto la vita. L’istruzione insensibile che ricevevo non era una lezione, era l’attività stessa del vivere e del pensare che andavo compiendo sotto i suoi occhi. Mìa madre si dava poca pena di ciò che chiamasi coltura; non aspirava a fare di me un fanciullo prodigio; non permetteva che mi si comparasse con alcuno, né mai mi esaltava o mi umiliava con dannosi raffronti, Pensava che in tutte le condizioni dell’esistenza è mestieri da prima fare un uomo, e che quando l’uomo è maturo, e cioè quando l’essere intelligente è in giusti rapporti con se stesso, con gli altri uomini e con Dio, sia pure un principe od un operaio, egli è ciò che deve essere, è per sé stesso un bene e l’opera della madre è compiuta. Facciano questo le donne, sempre questo e niente altro che questo! L’ammirabile creatura di cui parlo viveva nella più grande semplicità.