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66 il convegno dei sette peccati


cucina. Era vestita in modo bizzarro ed appetitoso con una gonna succinta di un bel roseo tenero in gradazione di carne di aragosta e le cingeva la vita senza serrarla un corsaletto di velluto color tartufo bruno con guarnizione di piccoli gamberi di corallo. Una gorgiera trasparente di una tinta indefinibile tra il petto di tortora e il brodo di tartaruga le si allacciava intorno al collo rotondo, tenuta ferma da un largo topazio somigliante ad una gelatina d'arancio. Penduli da un braccialetto si cozzavano tra loro tre porcellini d'argento; le calze aveva di seta finissima nella intonazione delicata delle squamme di trota e sopra questa deliziosa piramide troneggiava un cappello a larghissime tese cariche di ciliegie, d'uva, di ribes, con due penne di fagiano e una testa di pappagallo. Sedette, e per non perder tempo trasse da una sacca che aveva portata con sè «fondants», gianduiotti e «marrons glacés».

Venne seconda una splendida donna che al solo apparire fece correre un fremito nella schiera dei valletti ossequienti al suo passaggio. La sua entrata nella galleria degli specchi parve un soffio del caldo vento di Oriente pregno dei succhi delle rose di Teheran; la superficie dei cristalli si appannò ri-