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38 due mondi


lendo due deformi gradini di mattonato per una porticina esigua si entrava nell’abitazione di mamma Monica, dove l’impressione prima faceva pensare simultaneamente ad una cantina, ad un pollaio e ad un ripostiglio di legna. Ognuna di queste cose si trovava veramente ad occupare in piccola parte lo stretto vestibolo che a porta rinchiusa rimaneva quasi buio, e vi stava pure la scala conducente al piano superiore; ma tutta la vita delle persone che vi abitavano si svolgeva a quel pianterra umido e basso, in una lunga cucina che si apriva dirimpetto alla porta d’entrata mostrando in fondo una finestretta dai vetri affumicati come si vedono in alcuni quadri olandesi, ed era tanto lunga la cucina che quella finestretta sembrava la lente posta in fondo ad un canocchiale.

La giornata d’inverno, penetrando dai piccoli vetri opachi con una luce che la neve circostante rendeva più bianca, prendeva a tergo la figura evanescente di mamma Monica accantonata presso il focherello del camino; e mentre davanti il riflesso della fiamma le coloriva di insolito vigore il volto nonagenario, i raggi pallidi che le piovevano sulla capigliatura d’argento la circondavano di un nimbo etereo.